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Domenica 14 marzo 2010 a partire dalle 21, il circolo ARCI di Figline Valdarno, in via Roma 17, ospiterà la lettura teatrale della “Fedra” di Jean Racine con la collaborazione di alcuni studenti del Liceo Classico “Benedetto Varchi” di Montevarchi: Giulio Cantini, Alessio R. Carrotta, Nicoletta D’Ettore e Francesca Ingold.
Il coordinatore della rappresentazione è il prof. Massimo Zanoccoli.
Rimasto orfano in giovane età, Jean Racine (1639-1699) viene educato a Port Royal dai giansenisti, dai quali acquista una profonda religiosità, fondata però da una visione pessimistica dell’uomo (gli esseri umani sono drammaticamente fragili di fronte alla tentazione e al peccato). I personaggi delle sue tragedie, quindi, non sono eroi della volontà, ma essere umani travolti dalle passioni (l’eros, ad esempio, ha nei drammi di Racine una forza distruttiva): non è il Fato a schiacciare i personaggi, ma una tendenza distruttiva ed autodistruttiva che nasce dall’interno della loro anima. Entrato nell’ambiente mondano di Parigi, raggiunge il successo teatrale tra il 1664 (con il debutto sulla scena de La Thébaide) e il 1677 (con la Phèdre); nel 1677 si sposa e rinuncia quasi del tutto all’attività di tragediografo, per dedicarsi a quella di storico di corte. Racine dà, comunque, in questi pochi anni, un contributo fondamentale alla fondazione di un teatro della ragione e alla svolta classicistica, sia ripudiando le caratteristiche del teatro barocco e manierista, visto come irrazionale, sia rifacendosi in modo scrupoloso alle regole aristoteliche dell’unità di tempo, luogo e azione.
La Phèdre, rappresentata per la prima volta il 1° gennaio 1677, è il capolavoro del teatro francese dell’età classica: deriva il proprio argomento dall’autore tragico greco Euripide (485-406 a.C.), dal quale riprende molti motivi, pur rielaborandoli in forma originale. Fedra, moglie di Teseo, ritenuto morto, si innamora incestuosamente del figliastro Ippolito; al ritorno di Teseo, Fedra sta per confessare la verità, ma si accorge che Ippolito ama un’altra ragazza, la principessa Aricia; nell’originale di Euripide, Fedra calunnia Ippolito accusandolo di violenza carnale, Racine invece attenua un po’ la colpa della donna, facendo macchinare il piano dalla nutrice Enone e accusando il figliastro non di violenza, ma solo del tentativo di attuarla. Ippolito muore tragicamente a causa di un mostro marino mandato da Nettuno, invocato da Teseo; Fedra, travolta, dal Fato, dalla sua irresistibile passione e dai sensi di colpa, si toglie la vita avvelenandosi.
Fonte: RadioValdarno
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